mercoledì 29 agosto 2012

a Banda......

Oppure la banda della scuola popolare di musica di testaccio abbreviato in alcune occasioni in B.S.P.M.P. oppure in bandatestaccio o ancora banda del testaccio ma in pratica 45 musicisti: clarinetti, sassofoni, rullanti, tamburi, trombe, tromboni, flauti e un direttore d’orchestra. Tantissimi caratteri e m odi di suonare ma ognuno ha un modo diverso di approcciarsi alla musica chi a livello amatoriale o chi a livello professionale. Ho iniziato a fotografarli dal settembre del 1997 dodici anni fa circa in bianco e nero in analogico con la buona e ottima Pentax z1p. iniziando un dialogo prima a distanza poi piano piano integrandomi in questo gruppo musicale. Ora da oltre un anno sono socio come loro nell’associazione che li rappresenta. L’unico che non suona un strumento musicale!!! Ho una parte del mio archivio fotografico dedicato solo a questo gruppo musicale. Con loro ho realizzato un retro di copertina di un loro cd musicale, un libro sulla loro storia con dieci mie fotografie, un calendario e una donazione a medici senza frontiere. Tutte queste cose realizzate a stretto contatto anche lavorando a 20 centimetri da chi suonava!!! Insomma una bella storia che ancora non è finita e che continua giorno per giorno. Sempre alla ricerca della foto perfetta. Finora sotto il punto di vista strettamente tecnico fotografare questi musicisti è una continua scuola per me. In fotografia non si finisce mai di imparare qualcosa. Infatti in 12 anni che seguo questo gruppo anzi banda musicale ho imparato come fotografare nei concerti. Ho visto ascoltato e fotografato tanti artisti tipo Francesco di Giacomo o Francesco de Gregori o Nando Citarella e Pippo del Bono e (17 7 1997) che hanno suonato con la Bspmp. Ho vissuto il retro palco: come nasce e cosa c’à dietro e prima di un concerto. Un impegno partecipativo alla vita di questa banda musicale. Ma non è solo fotografia ma anche rapporti umani e questo mi ha molto facilitato nel fotografare ogni singolo bandista. Questo approccio umano fa si che puoi fotografare mentre suonano muovendoti liberamente sul palco o prima del concerto o durante le prove. Frequentando un gruppo musicale impari come muoverti sul e sotto al palco. Un esempio come passare indenni da all’altro del palcoscenico. Come un gatto mammone silenzioso e produttivo perche devi accontentare 45 persone tutte insieme e singolarmente e ci riesco veramente bene e non mi sto lodando spudoratamente. Finora non ho parlato della fotografia in oggetto. La banda fotografata con alle spalle la fontana di piazza del Pantheon a Roma. Non ricordo per quale motivo qualche minuto prima avevano suonato in quella bella e animata piazza romana. Qualche giorno in accordo col presidente della banda si era deciso di realizzare una foto ufficiale. Mai prima di allora avevo fatto una foto di gruppo su commissione. Pochi istanti per organizzare la questione su come radunarli e disporli in un certo modo senza un ordine ben preciso. Quando vedo nel mirino che tutto è a posto scatto. Se ricordo bene quattro scatti uno dietro l’altro. Per avere la sicurezza che nessuno sia mosso o spostato. I bandisti hanno creduto che io abbia fatto un solo scatto tanto è stata la rapidità de 4 scatti. Bugia ancora mi cresce il naso. Al momento dello scatto ho detto e chiesto: sorridete. E la prima impressione che ho avuta riguardandola sul monitor è stata: è bella perche tutti sorridono di gioia.
Non l’ho solo notato solo io ma anche tutti i bandisti e per questo è una fotografia riuscita al 100 per cento. Perche tutti sorridono e questo vuol dire che chi stava dietro il mirino ha scattato nell’attimo giusto.

lunedì 3 ottobre 2011

Ordine e Caos (o Caso?) nella fotografia

Il titolo deriva un breve appunto scritto circa tempo fa e lasciato lì, in attesa di essere sviluppato. Sette parole per parlare e/o scrivere di fotografia.

Si è sempre alla ricerca di spunti nuovi per fotografare o scrivere di fotografia. Ordine e Caos in fotografia navigano distanti e vicini allo stesso tempo. Per non parlare poi del Caso che si insinua tra il Caos e l’Ordine
Ordine e Caos (o Caso)
Disordine e Calma (o Premeditazione)
In che cosa l’Ordine trova applicazione e terreno fertile nella Fotografia? Un fotogramma può presentarsi ordinato nella composizione, possiamo (anzi, è auspicabile) essere ordinati nell’archiviare, nel catalogare, persino nel seguire un preciso progetto mentale e trasporlo in immagini.
Passiamo al Caos (dal greco cháos, derivato di cháinein che sta per aprirsi, spalancarsi . . .) Dove sta il Caos nella fotografia ? A mio parere il Caos non dovrebbe avere diritto di cittadinanza in questa forma di espressione. Se una foto è originata dal Caos è essa stessa portatrice ed espressione di un disordine e il risultato che ne consegue è confusione e mancanza di comunicazione, cioè, sempre del miopunto di vista, l’esatto opposto di quanto dovrebbe essere la Fotografia, veicolo di idee, rappresentazioni e sensazioni originate dalla nostra mente, ma ordinate alla luce del nostro pensiero.

E il Caso, poi?
Quante foto sono effettivamente frutto del Caso? Quante di queste foto, definite anche “spontanee” e frutto, appunto, del Caso, sono invece piuttosto il risultato di la pre-ordinata ed organizzata volontà, volta a cogliere un attimo irripetibile . . . un attimo che, questo si, a “Caso” si è manifestato come un‘epifania senza che lo potessimo preordinare e premeditare ? Ma non tutto ciò che appare spontaneo e frutto del caso lo è: pensiamo all’iconico e famosissimo “Le baiser de L’Hotel de Ville” di Robert Doisneau: fu (ora lo sappiamo con certezza) il risultato di una messa in scena ben più che premeditata. Per contro si arriva a persino a disquisire se l’immortale (suo malgrado) soldato repubblicano spagnolo colto nell’attimo stesso della sua stessa morte da Robert Capa sia frutto di una messinscena (dal New York Times).
Ma forse, le foto di guerra, spesso oggetto e soggetto di propaganda sono per loro stessa natura sospette e frutto di pose inscenate anche laddove non lo si sospetterebbe: potrebbe rientrare in questa categoria (benché smentito in modo veemente dal suo autore – vedi Associated Press) la foto simbolo della conquista di Iwo Jima da parte delle Truppe Americane nella II Guerra Mondiale di cui parla nel suo bellissimo doppio-film Clint Eastwood (“Flags of our Fathers” e “Letters from Iwo Jima”).
Ma dopo questa divagazione torniamo al tema iniziale e pensiamo alla trimurti Ordine-Caos-Caso in terminidi composizione fotografica. Si diceva del Caso. Nulla vieta di scattare a Caso, senza inquadrare: ma poi non si può pensare di ottenere in questo modo un’immagine convincente o anche solo leggibile e comprensibile. Perché questo avvenga si devono saper comporre gli oggetti inquadrati attraverso il mirino e la “composizione” è il risultato di un faticoso e per nulla scontato esercizio di esclusione ed inclusione: tutto ciò serve a portare Ordine nel Caos. Con una felice intuizione nella storia della pittura si cominciò a ragionare in termini prospettivi pensando e cercando punti di vista ed “inquadrature” che non fossero più quelle pose statiche e ieratiche di tanta pittura sacra e iconologica che aveva preceduto.
Si tratta di cercare anche nella inquadratura fotografica un “punto focale di attrazione” per chi osserva. Geniale quanto misteriosa rimane tuttora la lettura dei diversi piani narrativi e prospettici della Flagellazione di Cristo
di Piero della Francesca.
Pure nella raffinata complessità della sua costruzione, il quadro rimanda una sensazione di ordine e geometria: l’impressione è che Piero sarebbe stato anche un ottimo fotografo se fosse nato qualche secolo dopo . . . Senza quest’ordine mentale dietro la concezione dello scatto, si rischia seriamente di degenerare in un Caos visivo senza costrutto. L’importante è che l’Ordine – inteso come visione nitida e pulita del progetto visivo che si vuole realizzare deve partire da chi inquadra e scatta la fotografia: deve innanzi tutto ordinare il Caos nella propria mia mente per poter trasmettere qualcosa.

Una foto può nascere anche da un progetto, da un intento di riprodurre qualcosa che conosco e voglio reinterpretare. Potrei decidere di voler rivisitare l’immagine uno spartito musicale usando foglie e cannucce, ma dovrei innanzi tutto essere informato su come si dispongono le note su un pentagramma.
La scelta cromatica non potrebbe essere frutto del Caso:
dovrei usare cannucce che contrastassero nettamente lo sfondo e le foglie dovrebbero essere una diversa dall’altra per dimensioni e colori. Dovrei poi essere tecnica-mente in grado di sfocare lo sfondo, mettendo perfettamente a
fuoco foglie e cannucce. Ma si tratta di un’immagine che si è formata nella nostra mente e che non è mai stata ancora realizzata, almeno non fino a che non tenteremo di attuare il nostro “disegno” fotografico. Tuttavia, è fondamentale tenere bene a mente che tra teoria e pratica c’è sempre uno scarto non indifferente.
Quando si passerà dalle idee che si hanno dell’inquadratura e della foto, alla loro realizzazione, qualcosa o tutto cambierà, ma l’importante e che si sia pronti a padroneggiare il Caos ed il Caso con un minimo di nozioni tecniche.
In un certo senso un’immagine fotografica può essere anche vista come il risultato di un un puzzle, dove la concezione ed il complesso dell’immagine già sono presenti potenzialmente nella nostra mente e si tratta (semplice a dirsi, più difficile a farsi) di ricostruire il puzzle con tutti i pezzi, ognuno al punto giusto. Si sente spesso parlare con un facile luogo comune di “Caos creativo” e si potrebbe essere portati a pensare che anche in fotografia l’espressione abbia il suo corrispettivo. Ma torniamo all’ipotetica immagine per ora mai realizzata. Immaginiamo di gettare a caso le cannucce e poi le foglie sul ripiano che farà da sfondo. Ben difficilmente otterrò che le cose si dispongano come sarebbe stato necessario per poi riprodurre per via fotografica quella che dovrebbe essere la “rappresentazione” di un pentagramma.
Se si vuole è un po’ il paradosso che si racconta parlando di probabilità ed evoluzione, chiedendosi se una scimmia, messa di fronte ad una macchina da scrivere sarebbe in grado di scrivere la Divina Commedia. Il Caos non è amico della Fotografia, a meno che non si pensi al Caos come il movimento . . . allora parliamo di altro. Si può dare il caso di movimento creativo (passando da una focale a un'altra durante lo scatto) di un fuori fuoco intenzionale. E quale miglior esempio di “apparente”” Caso creativo nel movimento e nella improvvisazione di quello rappresentato dalle foto gioiose e piene di vita di Mario Giacomelli . .
E se si parla di tecnica fotografica e di Caos apparente, cosa dire allora del panning, con lo sfondo mosso e il soggetto quasi a fuoco?
Si tratta di tecniche che richiedono un’adeguata padronanza del mezzo fotografico e dell’occhio e della mente che deve sapere il momento in cui scattare. Con una tecnica idonea il risultato può divenire puro astrattismo, anche se a prima vista si potrebbe pensare a frutto del Caso e del Caos. In Fotografia, un campo in cui l’Ordine regna apparentemente sovrano è quello delle Foto di matrimonio: ci sono momenti giusti quando si deve scattare, né un
attimo prima, né un attimo dopo. Normalmente, fino all’uscita degli sposi dalla Chiesa o dalla Sala comunale delle cerimonie, l’album delle foto ricordo è fatto di molte pose convenzionali e “obbligate”. Dopo l’uscita degli sposi, al
precedente Ordine potrebbe sostituirsi, una sorta di Caos creativo cercato e voluto del fotografo ufficiale, che è tuttavia e un finto Caos. Quella che segue è invece una messa in scena attuata dal fotografo e dagli stessi sposi,
alla ricerca di pose apparente spontanee e naturali e che sono invece frutto della ricerca dell’Ordine che il fotografo tenterà di attuare nella sua mente e nella sua visione di quel matrimonio e di quella coppia. La spontaneità ed il
Caso tuttavia hanno diritto di cittadinanza anche nelle foto di matrimonio e sono quelle foto colte da dietro-le-quinte e rivolte ai commensali, ai parenti e agli invitati, colti in atteggiamenti di relax e di gioioso abbandono.
Qui forse il Caso (ed il Caos) fanno la loro parte e non sono “antitetici” all’essenza stessa della fotografia: che si potrebbe definire come uno specchio deformante della realtà o, meglio, un prisma che ingabbia, devia, deflette e riflette il modo in cui nostri occhi leggono e vedono la realtà che ci circonda.

Articolo a cura e scritto a quattro mani da Danilo Mililli e Marco Pacchiarotti.

Una dedica particolare a mia Moglie Renata e Lodovico Ludoni.

mercoledì 17 novembre 2010

Cordoba


Attraversare la Spagna del nord partendo da Barcellona, arrivando in Portogallo e infine in due gironi fare 900 km per arrivare in tempo per riprendere il traghetto per Civitavecchia.
Un turbinio di città visitate una dietro l’altra. La spagna è piena di monumenti arabi nelle sue città. E’ come immergersi nella spagna di qualche secolo fa. A Cordoba c’è l’Alcázar dei re cattolici. Siamo a luglio del 2005 e siamo in vacanza sempre nel settimo mese dell’anno. E’ il 21 luglio per l’esattezza il girono prima del compleanno di mia moglie Renata e sono passati quasi cinque anni da allora ma il ricordo è ancora vivo e vegeto.
L’Alcázar dei re cattolici è una serie di edifici collegati tra loro con giardini e fontane tipicamente arabe.
E’ un bel vedere per gli occhi e per la mente. E siamo circondati da uno soggetti che reputo più antipatici perché fino ad allora non sono riuscito a fotografare bene. Sto parlando della libellule un insetto straordinario, un vero ricettacolo di colori e forme, un vero e proprio elicottero della natura. E a me le libellule piacciono tantissimo, ma un conto è guardarle con i propri occhi e un conto è fotografarle. Velocissime quasi inavvicinabili. Quel giorno stento tantissimo a fotografarle quelle intorno a me con la mia Nikon d70 non riesco proprio a metterle a fuoco abbastanza da vicino. Mi impunto con una che proprio voglia di farsi fotografare . Faccio vari tentativi con al sovra citata reflex e un 70-200 Vivitar. I miei tentativi vanno a vuoto. Mi serve qualcosa che conosco bene. Un obiettivo Pentax che ho usato per tanti anni e che ora fa parte della dotazione fotografica della nuova reflex di Renata. La Pentax di mia moglie è la Ist ds e ha già montato il 70-210 che conosco benissimo come reagisce e come è pratico e veloce nel mettere a fuoco. Mi faccio prestare la macchina e scarico 4-5 scatti uno dietro l’altro a raffica. Al ritorno sceglierò la migliore che sarà quella con un tempo di scatto di 1/350 a f 6,7 con focale 170 mm. E finalmente posso dire ho fotografato decentemente questo insetto. In post produzione ho croppato e applicata una forte dose di maschera di contrasto. A distanza di cinque anni ora cropperei di meno ma applicando un filtro della nik software per lo sharpening molto meno evidente della maschera di contrasto. Comunque ha dei colori splenditi e una posa classica laterale. Comunque sono soddisfatto è la mia migliore foto realizzata ad un insetto.



sabato 7 agosto 2010

La bimba e i piccioni di Cuba

Nella tipica piazza dell’Avana a cuba quella dei librai dove rimanere anche ore e fare tantissime foto.
Come detto un luogo tipicamente cubano come illustra ampiamente la guida Lonely Planet e potei consultare con i miei occhi.
E’ un ampia piazza delle armi dove si radunano i librai per vendere naturalmente libri in spagnolo.
E’ stato piacevole prendere il fresco sotto gli alberi che la circondano e avere intorno la calura umidiccia di fine giugno 2007.
La frase più usata in quel periodo caloroso è mucho calor: un esempio esci asciutto da casa e torni completamente zuppo di sudore e accedi il ventilatore o il condizionamento d’aria.
La piazza ha tutto intorno un porticato molto bello e pieno di bar e di piccoli cortili interni. Questo porticato è utilissimo se arriva un bel e inteso temporale tropicale dei caraibi. Dove quando appena è terminato l’asfalto suda a sua volta tenendoti compagnia e l’acqua appena piovuta evapora. Un vero spettacolo visivo.
La piazza è un punto fermo e caratteristico per gli abitanti e i turisti a l’Avana, ben sorvegliato dalla polizia cubana.
Dove riposare e riprendere per visitare la città cubana.
Con quel caldo atroce ti siedi posi il tuo zaino pesante e cerchi il più possibile di confonderti con l’ambiente circostante. Diventi quasi cubano. Un po’ difficile con la tua pelle bianca appena abbronzata e si vede lontano un miglio che sei un lurido turista italiano. Se vuoi fare qualche scatto decente deve diventare veramente invisibile.
Portarsi qualcosa da leggere o fare solo conversazione sarebbe l’ideale. Anche farsi un giro delle bancarelle forse ancora meglio.
Integrarsi e diventare un cubano, hai però una d200 e un 70-200 corpo macchina e obiettivo quasi 30 cm di ingombro. Sei nudo con un erezione a fianco di colore nero. Non sei assolutamente invisibile o camuffato. Mi metto a conversare con mia moglie, riguardo le foto già fatte, diamo un occhiata alle altre attrattive da vedere nella capitale cubana.
Ma è solo una finta ben orchestrata nella mia mente. Spiego meglio mi piace osservare la gente anche ascoltando le loro conversazioni. Individuo dei soggetti interessanti e li punto con la reflex. Ora una d200 è poggiata su un muretto è puntata verso la mia inconsapevole vittima. Quando fotografo in questo modo sono un cacciatore armato o un lupo bianco che puntato la sua preda per “ucciderla” e “mangiarsela”. Noi fotografi siamo voracissimi di immagini da catturare e mangiare. In quel giorno ho fatto diversi scatti di nascosto. Ho usato un tele per rimanere a debita distanza per non far udire il clic rumoroso della Nikon. Ribadisco le Nikon hanno un rumore alto quando scattano. L’esposizione è in automatico e la messa a fuoco è a fuoco centrale per evitare mossi o fuori fuoco. Per il tempo di scatto non ho problemi anche se sono a focale 150 mm. Nei paesi tropicali c’è molta luce anche se mi trovo sotto l’ombra di alberi e quindi il tempo sarà brevissimo e sarà sufficiente per bloccare il gesto del soggetto. In questo caso non ho seguito le indicazioni che mi suggerisce la reflex e c’è una sottoesposizione di 1,3 per recuperare i colori. Sottoesponendo i colori si saturano da soli basta non esagerare.
Questa immagine non è stata mai mostrata via internet per un motivo che dirò tra breve.
Ora i dati di scatto obiettivo 70-200 mm a 150mm, tempo 1/80 a f4 sole bilanciamento del bianco su sole diretto meno 1,3 sottoesposta scattata il 21 giugno del 2007 alle 10 e 12 minuti.
Detto questo proseguiamo. E’ una foto a cui sono molto affezionato perché ritrae una bambina molto bella ritratta in un gesto molto semplice e per me molto fotonico.
Regge in mano una palla nera e con l’altra da mangiare a dei piccioni reggendo anche il suo astuccio scolastico.

Perché non l’ho mai pubblicata? E mai la pubblicherò!
Perché piegandosi la bambina nel dare da mangiare ai ratti con le ali (piccioni) mostra ai nostri occhi le sue mutandine. E quando ho scattato e guardato il file appena nato non ho notato. Aprendola a Roma a pieno schermo c’è stata la terribile sorpresa. E chiunque l’ha vista mi ha detto si è bella ma non la diffondere su internet. Ha tutto della foto colore, composizione etc, etc ma ha quel particolare….
Qualcun altro se ne sarebbe altamente fregato e avrebbe operato con Photoshop e oplà le mutandine sarebbero sparite. Per in sostanza rappresenta l’amore che i bambini hanno verso gli animali. Puro, semplice e sincero. E poi rappresenta alla grande il periodo che sta passando l’età dei giochi con la palla e il periodo scolastico con l’astuccio.
Non gli ho mai dato un titolo ma potrebbe essere “gli elementi della gioventù o semplicemente la bambina e i piccioni parafrasando un titolo di un libro di Lanzardo

mercoledì 3 marzo 2010

fotografare senza fotografia cinque

Doisneau insegna
Martedì sera esco dal vagone del metro, alla stazione Manzoni. Come ogni martedì ho appuntamento al centro dell’UPTER con mia moglie Renata che segue un corso di scrittura creativa.
Dicevo scendo e mentre il treno riprende la sua corsa mi si presenta una cosiddetta foto mancata. Sono in fondo alla stazione e vado verso l’uscita e vedo dall’altra parte due innamorati. Si stringono forte in un bel abbraccio. La mia mente corre subito alla foto famosissima di Doisneau le baiser dell’Hotel
De Ville.

Immaginatevi i vagoni de metro che si allontanano a sinistra che occupa la buona metà dell’inquadratura e crea la prospettiva e la via di fuga verso la meta superiore del foto fotogramma. Nell’altra metà del fotogramma i due innamorati stretti nel loro abbraccio.
Da quando sono sceso il mio sguardo si è fissato su di oro. Prima sono abbracciati teneramente e mentre avanzo si distaccano dal loro abbraccio e si avviano anche loro verso l’uscita. Li ritrovo ai piedi della lunga scala mobile mentre lentamente si salutano.
Con la scala mobile inizio a salire verso l’uscita e continuo a guardarli il loro vero e lungo addio per imprimermelo nella mia memoria. Esitano a lasciarsi da quel che posso vedere e soprattutto intuire. E’ soprattutto la donna a esitare a non lasciarlo andar via il suo uomo. Mentre salgo conto due abbracci e una carezza di lei. Un lungo toccarsi con le mani. Lui lo vedo più di fretta quasi volesse fuggire. Sono solo intuizioni. Mentre salivo avevo lo sguardo verso il basso dietro di me una persona anch’essa volge lo sguardo per capire cosa sto guardando. Nell’osservarli ho perso la nozione dello spazio e del tempo… in tempo utile mi sono accorto che mancano pochi gradini per finire la scala mobile. Il tempo è passato velocemente talmente ero impegnato ad osservarli. Il mio pensiero è andato da questi due semplici innamorati a un classico dela fotografia mondiale come avevo già detto.
Il bacio di Doisneau è una fotografia famosissima che ancora oggi ha una validità eccezionale sotto tutti punti di vista fotografici. Porta ancora tanti soldoni agli eredi del grande grandissimo fotografo francese. Però la foto che ho citato è un grosso falso. Perche è in posa anche se la particolarità di questa immagine porterebbe chi osserva dire che è spontanea. Come ebbe ad ammettere lo stesso Doisneau che i due protagonisti erano due attori e modelli.
Doisneau bravissimo nel cogliere al spontaneità ha messo in pratica l’esperienza messa a frutto certi scatti effettuati on the road stando tranquillamente seduto a un tavolino di un bar.
Famosa è la sua frase siediti li e vedrai passare tutta la gente del mondo.
Beh in conclusione per ritornare al’inizio: si una foto mancata che ho cercato di raccontare al meglio.
Basta poco per fare una bella foto. La luce acida dal neon della stazione del metrò, i vagoni in movimento appena partiti fuga prospettica che fa arrivare i nostri occhi e la nostra mente al punto cruciale del fotogramma. Due innamorati abbracciati in attesa di lasciarsi. Una storia da raccontare con le proprie sensazioni e intuizioni. Poi in verità la realtà sarà un'altra storia qui o in un altro universo parallelo.
Addì 29 aprile 200

I guai in fotografia
Le compatte te le metti in un taschino. La reflex ha la sua custodia anatomica una compatta è leggera quanto due batteria di una reflex. La compatta è un blocco unico corpo macchina e obiettivo retrattile. Una nikon è come un albero a cui sono attaccate le foglie, gemme rami tronco e radici.
Una compatta dura l’arco di due anni circa. Se si guasta non è il caso neanche di portarla in riparazione. Col costo della riparazione ne compri un'altra nuova di zecca col doppio di tecnologia rispetto a quella incidentata.
Una reflex se ben tenuta dura anni e anni. Diventa quasi un estensione del tuo braccio, del tuo occhio e della tua mente. Se vuoi fare buona fotografia la reflex la devi accessoriare con flash, schede di memoria batterie, obiettivi adeguati etc, etc.
Senza ad esempio buoni obiettivi molto luminosi intendo i 2,8 su tutte le focali (se si tratta di uno zoom). I guai che comporta il possesso e l’uso di una reflex semi o professionale sono due.
Il costo degli accessori originali o compatibili. Si va dai 500 euri fino a 10.000 euri per un obiettivo ad esempio per un obiettivo. Non è giusto e redditizio dotarsi di un ottima macchina Canon o Nikon (le indico in ordine alfabetico non di preferenza) e poi dotarsi di scarsi e poco luminosi obiettivi.
Quindi tocca spendere con giudizio secondo le proprie tasche ed esigenza e preferenze fotografiche. La reflex non fa tutto lei. Magari la manderei in giro da solo anche a prendermi un caffè al bar. Devi addestrarla fare ciò che tu vuoi fare. Devi conoscere bene le sue potenzialità e i suoi limiti dove può arrivare o dove no. Anche i suoi limiti , mai forzare in nessun modo. Le due marche già citate sono il top in campo fotografico le altre sono nettamente a un livello inferiore. Sono tipologie diverse (Canon e Nikon). A mio modo molto leggere le Canon nei suoi modelli più economici Tecnologia ormai con gli ultimi modelli nikon ormai alla pari. Dotarsi di tanti accessori comporta dei rischi: rottura, perdita, smarrimento o furto.
La rottura è sempre in agguato ma le reflex rispetto alle compatte conviene riparare. Sarà poi il riparatore stesso se conviene o meno. Al 99 per cento tutto è riparabile. Perdita può avvenire durante i viaggi soprattutto all’estero. Mai lasciare a terzi la propria attrezzatura. Deve stare sempre con voi soprattutto nei viaggi aerei come bagaglio a mano. Sarete controllati minuziosamente alla dogana ma voi siete onesti fotografi. Smarrimento: basta un attimo e durante una sosta rischiate di lasciare su una panchina parte della vostra attrezzatura. A me è capitato e 10 secondi dopo correvo disperato a riprendere quel che avevo dimenticato. Perdere cosi l’attrezzatura veramente da fessi. Il furto è un altro danno totale che subisce il fotografo. Puoi tentare di ricomprare tutto, ma sarà lunga se non hai a disposizione un ampio budget a disposizione. Il danno più grave può capitare con la perdita dei dati fotografici su un PC. Meglio fare backup periodici.
La pesantezza dell’attrezzatura fotografica è un gran problema. In viaggio e nei trasferimenti verso i set fotografici finche sei giovane va tutto bene. Poi a 50 anni la schiena ne risente: quindi attrezzatura leggera il minimo indispensabile lasciando a casa quel che non serve. Oppure portarsi tutto e poi giorno per giorno portare in giri fotografici uno due obiettivi al massimo. Usare zaini prettamente fotografici o anonimi zaini di buona fattura resistenza e comodità.
Usare zaini anonimi per farsi notare e fotografare situazioni senza che pensino che siate fotografi dilettanti o semplici turisti.
Se sei bravo confondersi tra la gente, quasi un camaleonte adatto a tutte le stagioni e situazioni. In extremis usare le compatte ma solo se non avete altro. Eviterete urti al materiale, soprattutto gli obiettivi (con un urto sul frontale dell’obiettivo si può modificare al filettatura dei filtri). A ogni cambio obiettivo è bene spegnere la macchina da on a off per evitare problemi alla macchina a livello software. Una reflex è computer che scatta fotografie sostanzialmente con un obiettivo a vostra scelta che vi farà vedere il mondo. Scegliete il momento giusto per cambiare obiettivo mai col vento che imperversa e avendo pulita la lente posteriore dell’obiettivo per evitare che la polvere residua e quasi invisibile venga risucchiata dal magnetismo del sensore.

venerdì 30 gennaio 2009

Fotografia Senza Fotografare 4



alla Bua
Fisarmonica, flauto, due tamburelli, chitarra elettrica e una danzatrice- cantante. Questi i componenti del gruppo di taranta. La taranta allo stato puro.
Verso le 23.00 iniziano a suonare. La gente di Sannicola o San Nicola e dintorni presente e partecipe.
Oltre la bravura dei musici c’è la partecipazione attiva degli spettatori che non sono semplici spettatori ma ballerini e suonatori. Intorno al palco cinque capannelli di gente con al centro o ai lati suonatori di tamburello e danzatori di taranta. Vera musica da discoteca antica come la Puglia. Vedi con piacere danzare bambini di due anni col loro vestitino bianco. Danzano matrone grasse e brutte. Prima provi a fare foto decenti di fronte al palco, con le teste degli spettatori davanti a te, con e senza flash. Poi ti sposti.
Di lato al palco dove riesci a ritrarre due instancabili suonatori di tamburello. Uno grosso e piazzato ricciolone e l’altro biondo. Il secondo ti ricorda vagamente l’attore Kim Rossi Stuart l’attore che interpretava un cattivo nel film Romanzo criminale sulla banda della Magliana. Tornata alla cronaca nel mese di giugno-luglio del 2008 per gli ultimi sviluppi della scomparsa di Emanuela Orlandi ma queste sono altre storie che non racconterò.
Intorno al palco fotografi varie volte una danzatrice vestita di rosso che inebriata dalla musica e ipnotizzata gira su stessa come i dervisci turchi. Senza mai fermarsi. Quando sarai a Roma riguarderai queste fotografie con molto piacere per la splendida e coinvolgente serata di musica. Dove il palco è vero spettatore e lo spettacolo se cosi vogliamo chiamarlo è sotto il palco in mezzo alla gente. Le orecchie quando te ne vai sono ancora piene del suono ipnotico della taranta. Poche volte un tipo di musica ti ha così emozionato e coinvolto.

Tre cani morti
Chiamo “cani morti” i canidi che d’estate distrutti dal calore dell’afa si sdraiano mollemente e in completa pigrizia in un punto d’ombra e di fresco e rimangono lì senza quasi esalare un respiro, come morti.
Arrivati a San Cataldo sul mare Adriatico troviamo ristoro sul mare per prendere caffè e cappuccino mattutino. Un classico decennale consumato con calma e solitamente nei bar romani. Come sempre esco sempre io per primo dal bar per fumare la solita sigaretta dopo il caffè.
E ancor prima di accendermi la sigaretta lo sguardo mi va verso la gestora del bar: sta cacciando a male parole e assumendo una posa tipicamente mussoliniana tre poveri cani che si erano azzardati a sdraiarsi sotto il portico del suo bar. La posa mi ricorda il dittatore del film di Charlie Chaplin “Il grande dittatore” nella famosa scena del mappamondo. Altra scena fenomenale di quel film quella scena in cui i due dittatori si incontrano, con l’attore che interpreta Benito ha il cognome storpiato in oni o giù di lì. Ora non ricordo poi mi documento.
Ritornando ai tre cani appena sparita la gestora si nascondono dietro il chiostro che funge da bar dove sono invisibili alla vista della terribile megera e si godono nuovamente il fresco all’ombra.
Li ho anche fotografati per testimoniare la loro sofferenza sotto il caldo

Billo il cane
Continuo a parlare di cani o meglio di un cane.
Mi reco su per una salita verso la macchina per recuperare la documentazione per girare in Puglia.
Recupero il malloppo di carte e chiudo la yaris rosso ferrari. Mentre ridiscendo un abbaiare un po’ feroce. Giro lo sguardo e vedo dall’altra parte della strada un sorcio grigio di cane. Ha accanto il suo padrone un bel ciccione a petto nudo. Sorrido: così piccolo e feroce. “Non si preoccupi” dico al signore a cui manca solo il reggiseno (battuta molto cattiva). Mi avvicino chiamandolo a gesti Billo e questi si avvicina scodinzolando per controllare questo intruso. Lo accarezzo sulla testa, noto un pelo morbidissimo. Ringhia un pochino ancora forse per ribadire a sé stesso e a me che è un cane da guardia.
Continua a scodinzolare: fa meno paura. Torno verso il ristorante. Sento dietro di me quella pulce di cane che continua ad abbaiare sommessamente. Se lo attacca una mosca, prevedo che l’insetto vinca al primo o round o set senza tempi supplementari o rigori.

Storia Futura
Il destino o il futuro come lo si voglia chiamare è scritto dalla burocrazia e dal fatto che vai per 28 anni nello stesso posto.
Costruisci un ristoro vicino alla spiaggia, vedi cambiarlo, cambia tutto intorno a te, ma tu non rinnovi nulla.
Poi arriva l’ordine perentorio di buttare tutto giù dal tuo comune.
Quando tornerai troverai un grande parcheggio e un moderno ristoro alla Mac Donald.
Non troverai quel simpatico cameriere somigliante a Ficarra con camicia cravatta aperta un paio di pantaloni tenuti alla bell’e meglio da una cinta di stoffa e dalle splendide scarpe da ginnastica rosse.
Lui svernerà a Milano cercando di piazzare e vendere le sue opere d’arte: teste e figure in cartapesta colorate.
I suoi genitori chissà passeranno di lì fra un anno per vedere solo macchine parcheggiate. Così va il mondo. Il passato non c’è e 28 anni di dure estati dimenticate e un bel ristoro vecchio e bisunto buttato nel cesso della modernità. Buona fortuna controfigura di Ficarra quello di Picone. Nel frattempo ti sei mangiato un’insalata di mare molto buona e hai passato un’oretta a chiacchierare con una persona simpatica non come quei milanesi che di Milano non sono vicini di tavola. Quell’uomo non è una macchietta ma una persona che sa comunicare con la gente raccontando la sua storia e quella dei suoi genitori. Una storia come questa non la puoi fotografare ma solo inutilmente raccontare.

Il bambino e l’installazione multimediale

Generalmente le installazioni multimediali sono di una noia mortale. Io le bandirei dal campo dell’arte contemporanea o post contemporanea. Dovremmo creare una discarica ad hoc per eliminarle tutte e mettere tutto intorno un campo minato per non permettere a nessun artista di divenire un novello ladro di tombe multimediali.
Ma non di questo volevo parlare o scrivere. Talmente sono noiose che un bambino rimane affascinato e nulla riesce a fargli staccare gli occhi e la mente dallo schermo. Ha già visto il filmato ma rimane lì a rimirarlo di nuovo. Ed è solo un uomo che sale lentamente una collina ma deve essere tremendamente ipnotico se la madre stenta a portarlo via… poi il bambino si convince e non comunicherà mai cosa gli ha trasmesso la visone del filmato.

Lei, il telefono e lui
Sotto gi alberi a via Vittorio Emanuele II a Otranto in Puglia è seduta su una panchina una donna e sta parlando al cellulare. La osservo per buoni 5 minuti. Non sembra in attesa. Finisce la telefonata e quasi subito arriva lui. Sono molto contenti di vedersi, si abbracciano sensualmente sulla panchina. Rimangono l’uno nelle braccia dell’altro un bel po’ di tempo scambiandosi baci e carezze. Ora il dubbio è: era con lui al telefono, con il suo lui, lui è il suo amante, il marito o altro. Ma qui si vuole malignare. Poco dopo si allontanano mano nella mano e qualche minuto dopo la panchina è occupata prima da una madre e figlia e poi da un uomo che mangia il gelato raggiunto, mentre scrivo queste parole, dalla sua donna armata anch’essa di un cono gelato.

In Puglia sono tutti interisti

La conversazione con la barista inizia col chiedere se in quel bar ci sono fan dell’Internazionale A. c..
La barista forse abilmente devia la domanda e inizia affermando che le su preferenze calcistiche vanno verso il milan aggiungendo che il mondo del calcio riceve moltissimo e non da nulla ai tifosi che danno moltissimo.
Tra me e me penso: signorina è la regola del business. Mentre scrivo ascolto quasi per coincidenza il gruppo
white stripes che suonano la musica che ha accompagnato i tifosi dell’Italia calcistica del 2006. La nostra balbuziente prosegue nella sua tentennante conversazione: “Il sud ha tanti che avrebbero bisogno di aiuto. Siamo pieni di albanesi, cinesi e tanti altri stranieri. Ma badi bene io non sono razzista” (e io aggiungo non sei xenofoba?). Continua “Stanno al tramonto tutti in piazza (a occupare il posto dei vecchi e dei disoccupati di quel paese). Cita il caso di madre e figlia che lavorano come badanti e gli fa i conti in tasca 1200 euro in totale. E’ come se guadagnassero 35.000 euro nel loro paese. Non è giusto occupano un posto che non gli spetta. E io a 35 centesimi al giorno a servire caffè. Dice che non è razzista e io aggiungo sei xenofoba?
Oggi gli stranieri fanno lavori che l’italiano non vuole più fare. Esistono ancora muratori italiani, le domestiche vengono dal veneto? Ora l’emigrante dal sud va nella grande città solo per studiare per fare poi il precario e rifiutando lavori che 20-30 anni fa erano normalmente accettati anche provvisoriamente per campare. L’italiano non rinuncia al suo cellulare extra accessoriato, al mega schermo dove vedere i reality o le partite di calcio in diretta.
Dove andiamo o cosa saremo sempre di più un paese multirazziale, con tanto razzismo e xenofobia sempre più emergente. Con tanti schiavi in più. Come in guerra qualcuno ci guadagna e non farà nulla per migliorare la situazione. Uno status quo perenne, siamo italiani. I degni eredi di Niccolò Machiavelli non scordiamolo mai.

giovedì 8 gennaio 2009

Fotografia Senza Fotografare 3>

La bambina che salutava
Ti siedi a tavola e una bambina, si gira verso di te e tu le fai subito un sorriso. Il sorriso sincero è un buon biglietto da visita. I bambini ci cascano sempre. Lei ti saluta e io tra due pezzi di finocchio, carote tritate e del peperone ben cotto e buono ogni tanto agita la mano per salutarci. Si gira almeno 7-8 volte salutandoci ogni volta. Me la ricorderò col suo sorriso sincero, per i suoi capelli ricci e un cappellino rosa, seduta sul trespolo per bambini. La sorella mi farà sorridere per come mangia il contenuto del suo panino; lasciando sul piatto il pane e riempiendo la bocca di prosciutto crudo, facendosi notare perché il cibo le fuoriesce dalla bocca. Il padre e la madre di queste due bambine sono di una particolare bellezza e si nota il buon rapporto che hanno con le figlie. C’è un altro bambino a quel tavolo. La madre non proprio una bellezza e il padre alto, e completamente calvo. La madre rimprovera il figlio per aver detto alla zia delle parolacce. Il figlioletto si è offeso e si è messo piangere.
Due famiglie italiane in viaggio verso il sud come noi. Vorrei avere fotografato la bimba ricca ma la mia reflex è ben chiusa nello zaino, pronta per il Salento.

L’uomo con i coni in mano
Lo intravedo di sfuggita alla cassa dell’autogrill. Noto e osservo che in sola mano ha quattro gelati che deve pagare. E’ basso tarchiato e porta una canottiera color turchese scuro. Ha fretta di portare i gelati alla moglie e ai suoi tre figli.

Zingare o No
Van tanto di moda gli zingari in questo periodo dell’anno per il tema sicurezza e emigrazione.
Dobbiamo mangiare e ci fermiamo a un autogrill ristorante della Caserta - Bari e vedo due donne poste ai fianchi dell’entrata dell’autogrill ristorante. Noto che hanno entrambe delle scarpe con i tacchi abbastanza evidenti.
Prostitute a quell’ora o semplici viandanti dell’autostrada a fumare una sigaretta.
Insieme a noi una bambina un po’ cicciottella mi ricorda una zingara che fotografai prima del 1997 nel Campo Boario, nell’ex mattatoio a Testaccio. Quando esco un uomo che identificherò come il marito di una delle due donne cerca di abbordarmi per chiedere l’elemosina; lo ignoro completamente a quel punto sono divenuto “sospettoso”. Accendo la mia sigaretta e li osservo meglio e deduco le due donne sono uno specchietto per le allodole per commuovere la gente per farsi dare qualcosa. Io ho già dato all’uomo dei cessi che merita di più perche tiene i cessi dell’autogrill puliti e si sente ogni giorno le nostre puzze da gabinetto.
Due foto se passate di li le potete fare al volo. Al centro la bambina cicciottella, ai lati l’uomo che protende la mano con la sua donna. Un fermo immagine ricordandoci di un film di De Sica: Umberto D.
Quando il vecchio ritira la mano provando vergogna di chiedere l’elemosina dalla gente.
L’altro scatto fotografico con l’uomo dei cessi seduto davanti al suo tavolino con la ciotola delle offerte (come in chiesa) di che ci ha defecato o orinato o minto. A destra e sinistra due simboli con le figure stilizzate di uomo e una donna.

Grossa Lucertola o cocomero
Ora di siesta alle 14.00 fa caldo e mia moglie è stanca di guidare siamo poco oltre la metà del viaggio oltre 300 km.
Scendo dall’auto mi accendo la mia merit e vedo in un fossato accanto all’auto vedo un bel color rosso. Non capisco subito cosa sia. E sento un rumore sospetto e vedo una lucertola che fugge via diffidente e prudente.
Le lucertole fanno bene a fare così. Ora o la lucertola stava facendo il suo pasto a base di cocomero (la cosa rossa sono pezzi di cocomero abbandonati da un viaggiatore) o si cibava delle mosche e dagli insetti attratti dal profumo del frutto verde fuori e rosso dentro.
Comunque è bella grossa la nostra lucertola, sta bene e le auguro di finire la stagione estiva e che rimanga bella diffidente verso quell’animale bipede di nostra lontana e vicina conoscenza.

La madre di Famiglia
La noto subito mentre fumo la merit. Minuta ben fatta, canottiera nera, ciabatte basse nere, con le dita dei piedi laccate di un colore scuro.
Capelli annodati chignon biondi. E’ scesa da una scenic fa ginnastica distensiva Tai chi chuan almeno credo che si scriva così!!
Poi si siede in macchina e di lei vedo solo i piedi appoggiati allo sportello aperto.
E’ in attesa del marito e di due figli (maschio e femmina).
Brevi frasi: le hai preso sempre schifezze, tuo padre deve dimagrire, attento non andare lì in mezzo ci sono le cacche dei cani. Ma mamma io non le tocco. Vedo un bel gesto moglie e marito si abbracciano e si baciano e la mano di lui velocemente le accarezza il sedere. Piano si preparano per ripartire: controllo bagagli e altro.
In Puglia mangeranno le orecchiette promette la madre. Il padre controlla le sicure delle portiere dei sedili dei figli e via verso la Puglia. Chissà se li incontrerò di nuovo, la Puglia è piccola.
Intanto questo cigolio del cartello che indica l’altezza massima. Ricorda un film sul vecchio west americano quando si attendeva il duello un lieve venticello che muove tutto… Daje ripartiamo… niente fotografie le faremo in Puglia.

Benzinaio Erg e dintorni
Scena da rifornimento benzina che non vedevo da anni. Tranquillo come se fosse tutto normale si avvicina con una tanica bianca e si versa 3-4 litri di liquido azzurrognolo. Paga e va via. Giocatore di poker elettronico con vaga somiglianza con Antonello Venditti. Belloccio commesso dell’autogrill che fuma all’ombra seduto su un ripiano verde pisello. Il benzinaio con la sua foto in bella vista, ma se lo vedi dal vivo dici che il fotografo ha fatto un bel lavoro. Sandali da frate e leggera tonsura.